Fuori mercato
Dissidenze inattuali e modernità obbligate

Roberto Pellerey

Université de Gênes

https://doi.org/10.25965/as.5567

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Mots-clés : autoconsumo, banche dei semi, co-produttori, consumismo, cooperazione internazionale, interpretante, lettore, mercificazione / demercificazione, micro-credito, sociosemiotica, sovranità alimentare, testo, Trips

Auteurs cités : Roland BARTHES, Umberto ECO, Jacques FONTANILLE, Algirdas J. GREIMAS, Eric LANDOWSKI, Anna Maria LORUSSO, Gianfranco MARRONE, Francesco MARSCIANI, Claudio PAOLUCCI, Charles Sanders PEIRCE, Patrizia VIOLI

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Texte intégral

1. Tre semiotiche

Nel mondo di oggi appena si alzi lo sguardo sui fatti reali si scopre un fermento palpitante e variegato che percorre le società europee e dei paesi impoveriti, invisibile ai mezzi di comunicazione di massa e ignoto a chi basa la sua conoscenza della realtà sulla rappresentazione mediatica corrente, che disegna una società immobile e una cultura stagnante ripiegate su se stesse. Alzando lo sguardo oltre i media si scopre una realtà effervescente, radicata e capillare, di movimenti, associazioni e coordinamenti impegnati in Europa e nei paesi impoveriti a sperimentare forme concrete di anticonsumismo, creare sistemi di reddito alternativi al ciclo della produzione industriale, istituire reti di distribuzione non commerciale dei beni alimentari, recuperare terreni, specie vegetali e tecniche di lavoro abbandonate, avviare una produzione agricola indipendente per l’autoconsumo e la distribuzione esterna al sistema di mercato, creare banche dei semi antichi o rari, sperimentare unità abitative e sistemi urbani di tipo comunitario. Nei paesi impoveriti si scopre un ramificato movimento contadino composto di organizzazioni rurali e contadine, di reti di coordinamenti e federazioni di produttori rurali, di movimenti associativi internazionali con milioni di aderenti, di coordinamenti integrati territoriali che gestiscono produzione, raccolta, conservazione e distribuzione di beni alimentari in autonomia locale, di movimenti che promuovono il libero scambio dei semi, di movimenti per la proprietà comune delle terre e il riscatto sociale ed economico delle donne. Una realtà effervescente e pulsante che sta inventando e sperimentando un modo di pensare l’economia, i rapporti sociali e la produzione artistica e culturale orientato a superare i principi e i pilastri fondamentali del sistema di mercato. Che essa sia poco nota e poco visibile non stupisce, uscendo al di fuori di ogni compatibilità e pertinenza della cultura dei media nuovi o vecchi, ma certo segna l’inizio di una riflessione inattuale di dissidenza radicale dal “pensiero unico” della società della mercificazione.

Sembra inevitabile per la semiotica, di fronte a questo embrione di un nuovo paradigma politico e culturale in formazione, volgere la sua attenzione e la sua capacità d’analisi altrove da oggetti e strumenti dell’ormai usurata e decadente comunicazione di massa e dell’ideologia mediatica corrente, recuperando la sua natura di critica sociale anziché di apprezzamento disinvolto dell’universo mediatico circostante. Di fatto, la semiotica nella sua storia ha creato un vasto sistema di principi esplicativi e di metodi di analisi, che dissipa quando ripete sempre le stesse analisi sugli stessi oggetti. Questo enorme patrimonio teorico e metodologico può essere usato per studiare oggetti socialmente emergenti e rilevanti per il presente, come era stata capace di fare negli anni ’60-’70, diventando disciplina per eccellenza della società dei consumi di massa e della comunicazione di massa, la nuova realtà storica del momento. Può ritrovare così la sua capacità di interpretare i fatti cruciali del presente storico, così come negli anni ’60 era stata capace di descrivere in modo unitario la società esaminando gli oggetti sociali e culturali secondo il loro comune statuto di “messaggio”, e in seguito di “testi”. I semiologi avanzano infatti modelli e forgiano strumenti adatti all’epoca in cui si trovano ad operare, rilevando i nodi critici principali del momento storico. È per questo che distingueremo tre fasi della sua storia corrispondenti a tre epoche storiche e culturali differenti.

La prima semiotica nasce negli anni ’60 come scienza dei segni, analisi delle condizioni di composizione, formazione e trasmissione dei messaggi da un emittente a un ricevente, nonché delle condizioni di funzionamento dei codici, dunque dei processi di codifica e decodifica. Vengono formulate tipologie dei segni sia in generale, sia all’interno di sistemi specifici che spaziano dall’informazione giornalistica alle opere letterarie. Qualificare oggetti diversi come le opere estetiche, il cinema, il fumetto, la pubblicità come messaggi permette di attribuire loro uno statuto comune che qualifica la semiotica come scienza capace di unificare fatti diversi nel contesto storico dell’affermazione della società dei consumi di massa, che fonda la sua identità caratteristica sulla “comunicazione” in quanto processo comune e costante dei suoi fatti centrali, la trasmissione continua di messaggi di genere diverso, in forme tecnicamente nuove, e che determinano la coscienza sociale collettiva.

Note de bas de page 1 :

 Algirdas J. Greimas, Maupassant. Esercizi di semiotica del testo, Torino, Centro Scientifico Editore, 1995 (Maupassant. La sémiotique du texte : exercices pratiques, Paris, Seuil, 1976) ; id. e Joseph Courtés, Semiotica. Dizionario ragionato della teoria del linguaggio, Firenze, La Casa Usher, 1986 (Sémiotique. Dictionnaire raisonné de la théorie du langage, Paris, Hachette, 1979). Umberto Eco, Lector in fabula, Milano, Bompiani, 1979 ; id., I limiti dell’interpretazione, Milano, Bompiani, 1990.

La seconda semiotica, dalla fine degli anni ’70 al nuovo secolo, è una semiotica dell’interpretazione, ovvero dei processi di produzione del senso e di comprensione del testo. È una semiotica filosofica, che si interroga sulle condizioni della conoscenza umana di fronte a testi, oggetti, situazioni, fatti, che nel momento in cui sono osservati sono tutti costituiti in “testi”, l’unità d’analisi comune. Questa semiotica vede in Europa due scuole principali, che pur formulando principi e metodi assai diversi hanno la loro unità comune nell’analisi dei modi di conoscenza, cioè dei processi di determinazione del senso degli oggetti testuali posti di fronte alla comprensione umana, processi che sono affidati dalla semiotica interpretativa al lavoro del lettore (o percettore) del testo, dalla semiotica generativa all’organizzazione del testo stesso. La prima affida l’interpretazione del testo ai processi intellettuali umani dell’inferenza abduttiva e della cooperazione interpretativa, la seconda l’affida al processo della narratività con cui l’intelletto umano organizza e filtra i dati esperiti, ma si tratta comunque dei processi di comprensione degli oggetti del mondo. Ne riconosciamo i testi canonici nel Maupassant di Greimas, nel Dictionnaire di Greimas e Courtés, nel Lector in fabula e nel I limiti dell’interpretazione di Eco1.

Ne scaturisce una quantità di studi che applicano gli stessi principi a una moltitudine di campi dapprima variegati (arti, discorso politico, cucina, programmi televisivi, oggetti quotidiani, letteratura, sistemi urbanistici…) poi sempre più spesso concentrati sugli strumenti mediatici di massa (televisione, pubblicità, marketing, moda, internet, propaganda politica, rituali collettivi mediatizzati, social network…). Questa moltiplicazione di studi si caratterizza, soprattutto dall’inizio del nuovo secolo, per la ripetitività di oggetti, metodi e principi (da un film a un altro film, da una pubblicità a un’altra pubblicità…) e per l’assenza di smascheramento culturale. Quando la semiotica negli anni ’60 e ’70 esamina i media, la pubblicità, la moda, svolge un ruolo di critica sociale : è analisi del modo in cui i nuovi strumenti espongono i fatti o conducono il loro discorso manipolando i destinatari del messaggio. Esemplare è il saggio sul mito che Barthes pospone a Miti d’oggi.

Questa valenza critica si smarrisce nel tempo per strada e oggi le analisi degli oggetti e strumenti mediatici di massa incorporano un presupposto non dichiarato, che la sfera mediatica sia l’unica realtà rilevante e significativa del mondo, e che la sua osservazione sia riducibile all’apprezzamento delle qualità tecniche dei suoi prodotti, alla valorizzazione dei pregi di realizzazione, all’approvazione della sua consistenza. Sono condotte all’interno della logica dell’ammirazione per l’oggetto esaminato.

È questa una seconda semiotica e mezza, trasformata da strumento di demistificazione dell’universo mediatico a strumento colluso con l’invasione mediatica : la società di massa si è però trasformata nel tempo nella società della mercificazione attuale, e gli strumenti mediatici osservati con tanta indulgenza sono quegli stessi denunciati come tossici dai nuovi movimenti sociali e dalle scuole teoriche cui si ispirano (dalla teoria della Decrescita all’Economia Solidale), a partire dalla pubblicità fino a beniamini mediatici come le tecnologie del rumore ininterrotto, un continuo allaccio a un flusso costante di segnali e messaggi (sms, chat, facebook, twitter, social network, e.mail etc.). Strumenti che costituiscono un ininterrotto disturbo a necessità elementari come l’attenzione, la riservatezza, la concentrazione, ma che nascondono un fatto economico, la trasformazione in merce anche della propria personalità (gusti, opinioni, amicizie…) poiché la sua espressione in questi strumenti passa attraverso programmi che ne venderanno la traccia a società procacciatrici di pubblicità mirata. Tranne qualche rara eccezione come la prospettiva sociosemiotica sviluppata da Landowski, che sin dalle sue origini si è orientata alla critica del “discorso pubblico” in generale, e in particolare mediatico (dai fenomeni di opinione fino alle pratiche di moda, la pubblicità o il marketing politico), e che, appunto per questa ragione, è stata a lungo mantenuta ai margini della disciplina, si ha avuto a che fare con una semiotica che aveva abbandonato la sua natura storica di critica al “naturale” artificiale che ci circonda (nei termini di Barthes), e rinunciato a cogliere fatti che non allignano all’interno del circuito mediatico corrente. È divenuta, insomma, una semiotica disinnescata, alla ricerca di una ragione di essere.

Note de bas de page 2 :

 Algirdas J. Greimas e Jacques Fontanille, Semiotica delle passioni, Milano, Bompiani, 1996 (Sémiotique des passions. Des états des choses aux états d’âme, Paris, Seuil, 1991). Umberto Eco, Kant e l’ornitorinco, Milano, Bompiani, 1997.

Note de bas de page 3 :

 Cfr. U. Eco, op. cit.

Note de bas de page 4 :

 Cfr. J. Fontanille, “Lo schema passionale canonico” in P. Fabbri e G. Marrone (a cura di), Semiotica in nuce, vol. II, Roma, Meltemi, 2001, pp. 250-63 (“Le schéma des passions”, Protée, XX, 1, 1992).

Una terza semiotica parte dal presupposto dell’interesse di analisi rispondenti a quanto accade nella realtà circostante, e si basa sulla qualità di processo in corso rilevata nei suoi oggetti. Possiamo indicarne l’origine, il cambio di direzione, nella Sémiotique des passions di Greimas e Fontanille e in Kant e l’ornitorinco di Eco2, quando riemerge l’aspetto processuale degli oggetti esaminati, ad esempio nel processo percettivo di identificazione dell’oggetto esperito3 o nella sequenza di fasi attraversate dal “soggetto patemico” per esperire gli stati emozionali4. Essa identifica ora come proprie unità d’analisi i vettori pragmatici, unità testuali la cui interpretazione produce spostamenti o trasformazioni nello stato di cose. Sono dunque unità (fatti, azioni, enunciati, comportamenti) di cui non interessa prioritariamente la proprietà di generare significato ma bensì quella di produrre un effetto o una conseguenza socialmente percepita.

Questa terza semiotica sarà inattuale però non tanto per i suoi metodi e strumenti (tratti da diversi momenti del patrimonio storico della disciplina) ma per i suoi oggetti, posti all’esterno della cultura e dell’interesse dei media (e con essi conflittuali), e che mostrano l’esistenza di un modello culturale incipiente e vivace, del tutto inattuale rispetto al modello della società delle merci eretta in paradigma “naturale” del mondo.

2. Sovranità e sudditanza alimentare : tratti dissidenti

C’è da chiedersi quanto gli interventi ai cui abbiamo fatto allusione all’inizio rivelano all’analisi la propria “inattualità” rispetto ai paradigmi correnti. Vediamo allora alcuni casi per quanto riguarda ad esempio la produzione alimentare.

Da un campionamento delle pratiche dei nuovi organismi in Europa e delle forme d’intervento delle Ong e delle organizzazioni contadine nei paesi impoveriti emerge la presenza di alcuni tratti comuni ricorrenti. Tra i principali, osserviamo l’erogazione di micro-credito a cooperative di donne per avviare attività d’artigianato, di piccole imprese indipendenti, di produzione agricola organica, il cui risultato è l’autonomia economica e sociale dei soggetti coinvolti, prime fra tutte, nei paesi impoveriti, le donne. Poi l’istituzione di banche dei semi per il recupero delle fonti alimentari in modo indipendente dalle aziende sementiere. Il recupero delle coltivazioni tradizionali abbandonate con l’avvento delle monocolture intensive per l’esportazione internazionale. Il ripristino di colture diversificate per tipi e qualità (cioè per l’apporto alimentare completo) in quantità commisurate al consumo locale, all’autoconsumo familiare, e alla vendita delle eccedenze sui mercati locali in opposizione al cibo “progettato” industriale. E poi : l’uso di terre comuni, la ripresa della proprietà collettiva della terra (eventualmente in Europa sotto la forma della “cooperativa sociale”), il rapporto diretto tra produttore e acquirente, reti di scambio dei semi naturali, uso di tecnologie controllate e non devastanti, integrità organica e naturale del suolo e del territorio… Nei paesi impoveriti si rifiutano i macro-interventi industriali con la creazione di infrastrutture pesanti per immagazzinamento e trasporto a lunga distanza di merci e materie prime estratte dal sottosuolo (porti, tunnel, oleodotti, ponti, depositi industriali…). Le “tecnologie a bassa intensità” sono conoscenze, materiali, tecniche di lavoro e strumenti disponibili sul posto, non dipendenti da materiali o da fonti di energia esterne, migliorate rispetto alla tradizione da cui sono tratte con alcuni strumenti o conoscenze esterne che permettono il distacco dal sistema delle monocolture intensive per l’esportazione internazionale. Cambiano anche le forme delle scelte di intervento : le Ong effettuano solo ciò che è richiesto dalle comunità locali, discusso a lungo in assemblea o con i rappresentanti della comunità, esplicitamente approvato e concordato nei dettagli ; organizzano gruppi di lavoro misti per la gestione dell’intervento che comprendono membri dell’entità esterna e membri della comunità locale legittimati (“Operatore Modello”, nei termini della semiotica interpretativa) ; allestiscono un programma organico che collega diversi aspetti e fattori presenti nella situazione locale.

L’orizzonte comune di riferimento per questo insieme di tratti è stato denominato principio della Sovranità Alimentare. Con questa espressione, introdotta da Via Campesinanel 1996, si intende il diritto di ogni nazione a mantenere la propria produzione degli alimenti di base secondo la propria tradizione agricola e produttiva, e di produrre il proprio cibo sul proprio territorio senza dipendere da tecniche, materiali, sementi, forme di coltivazione e rapporti economici esterni che minano l’autonomia economica e culturale. La nozione evolve quella di Sicurezza Alimentare, introdotta nel 1974 dalla World Food Conference, che indicava una quantità di riserve alimentari per ogni nazione adeguata ad affrontare le fluttuazioni della produzione e dei prezzi del cibo in caso di carestie o disastri naturali, e il cui indicatore era basato sui cereali considerati base alimentare universale. Essa si trasforma in principi successivi come “accesso al cibo” (la possibilità della popolazione di ottenere il cibo all’interno della nazione) o come condizione in cui tutti hanno accesso a cibo sufficiente, sano e nutriente, in grado di permettere una vita sociale attiva e soddisfacente, cosa che implica la valutazione della qualità di acqua, aria, vegetazione e suolo, cioè della salubrità ambientale, dell’inquinamento, del degrado dei suoli per l’uso di fertilizzanti, diserbanti e antiparassitari di sintesi (1996, XXX Congresso FAO).

Note de bas de page 5 :

 Luca Colombo e Antonio Onorati, Diritti al cibo ! Agricoltura sapiens e governance alimentare, Milano, Jaca Book, 2009, p. 223.

La nozione di Sovranità Alimentare viene proposta da Via Campesina quando risulta chiara l’esistenza di politiche economiche internazionali, legittimate ad esempio dai TRIPS (Trade Relate Intellectual Property Rights) promulgati nel 1995 dal WTO (World Trade Organization) che stabiliscono diritti di proprietà delle aziende produttrici su beni organici prodotti o modificati con biotecnologie specializzate (quali i semi Ogm), che legittimano la brevettazione privata di organismi viventi come le piante alimentari, e facilitano la realizzazione di sistemi monocolturali che espropriano le comunità locali della loro autonomia alimentare. Nel 2002 il People’s Food Sovereignty Network la descrive come diritto di scegliere il proprio cibo e regolare la propria agricoltura in modo sostenibile, autonomo e autosufficiente, e di ridurre i prodotti esteri sottocosto sui propri mercati (dumping). Nel 2007 al Forum Food Sovereignty in Mali viene adottata da 80 paesi la Dichiarazione di Nyéléni che definisce la sovranità alimentare come “diritto dei popoli a un cibo sano e culturalmente appropriato, prodotto attraverso metodi sostenibili ed ecologicamente validi, in forza del loro diritto a definire il proprio sistema agricolo e alimentare”5. Ogni Forum e ogni movimento proporrà in seguito nuove definizioni collegate alla prospettiva di uscire dalla “sudditanza alimentare”, la condizione di dipendenza generata dalle monocolture intensive a base di Ogm e altri beni brevettati. È così una strategia unitaria di opposizione alle diverse forme di agricoltura industriale e per la riappropriazione da parte delle comunità locali del controllo delle proprie risorse alimentari, e dunque delle proprie condizioni di vita.

Note de bas de page 6 :

 Cfr. R. Pellerey, Semiotica e decrescita. Obiezione al consumo, cooperazione internazionale e sovranità alimentare : un nuovo paradigma, Milano, FrancoAngeli, 2015.

Questa strategia è tuttavia differente nei paesi impoveriti e in quelli occidentali. Nei paesi impoveriti passa attraverso reti comunitarie regionali e interregionali organizzate, dotate di programmi di miglioramento complessivo delle condizioni di vita della comunità, al cui centro si trovano programmi di recupero dell’autonomia alimentare per poi sviluppare programmi sociali, di formazione, culturali, e riavviare la vita della comunità locale. Il distacco dal sistema economico internazionale non costituisce isolamento o arretratezza ma liberazione da strumenti e dinamiche imprigionanti (Trips, brevettazione, monocolture, semi Ogm etc.). In Europa e negli Stati Uniti passa attraverso costellazioni di piccole unità produttive, cioè reti di singoli produttori inseriti in un territorio in cui in genere si lavora diversamente, che hanno compiuto una scelta individuale e che si organizzano con altri produttori individuali o familiari distribuiti a vasto raggio sul territorio nazionale o regionale. Si collegano cioè con altri produttori nazionali che hanno compiuto la stessa scelta e non prioritariamente con la comunità locale circostante. Sono però interessati a interagire e ricreare un tessuto organico con la comunità locale, di cui non necessariamente sono originari. Lo scopo è favorire la creazione di una società più equa in cui gli scambi economici siano strumento di socialità reciproca anziché di pura relazione finanziaria e commerciale. Questo implica creare spazi diversi dalla produzione agricola industriale e dal circuito commerciale, e creare forme di scambio su presupposti e con obiettivi non dissimili da quanto sostengono in veste più formale gli economisti della teoria della decrescita e i sostenitori dell’Economia Solidale, le forme più radicali di elaborazione teorica diffuse oggi in quest’ambito6.

Note de bas de page 7 :

 Roland Barthes, Elementi di semiologia, Torino, Einaudi, 1966, p. 3 (“Eléments de sémiologie”, Communications, 4, 1964). Si veda anche J. Fontanille, “La sémiotique face aux grands défis sociétaux du XXIe siècle”, Actes Sémiotiques, 118, 2015 ; J. Fontanille e E. Landowski, “Dialogue avec Jean Portela”, ibid.

Non vi è dunque dubbio sulla “inattualità” orgogliosa di movimenti, pratiche ed elaborazioni teoriche che si distaccano sostanzialmente dalle forme, dai presupposti, dai convincimenti e dalle finalità del pensiero economico corrente, in un insieme di tratti che costituiscono l’embrione di un paradigma dissidente da quello della necessità della crescita produttiva, commerciale e finanziaria. Per noi semiologi, tale inattualità ne fa un oggetto di studio del tutto nuovo e rinfrescante, dal momento in cui si accetta che la nostra disciplina può o deve occuparsi di fatti attuali e significativi e, in relazione con le altre discipline, testare le sue stesse capacità di fronte a problemi sociali urgenti, rispondendo, come diceva Barthes negli Elementi di Semiologia, “a una sollecitazione concreta, imputabile non già all’immaginazione di pochi ricercatori, ma alla storia stessa del mondo moderno”7.

3. Esaminare processi in corso

Può oggi la semiotica esaminare questo nuovo campo di oggetti ? Si, se adotta come sue unità d’analisi le unità vettoriali costituite da processi in corso di svolgimento. Ipotizziamo di poter esaminare pratiche sociali, e più in generale processi in corso di svolgimento, esaminando i singoli enunciati che le compongono.

Note de bas de page 8 :

 R. Barthes, “L’attività strutturalista”, Saggi critici, Torino, Einaudi, 1966, p. 247 (“L’activité structuraliste”, Lettres Nouvelles, 1963 ; ed. cons. in Essais Critiques, Paris, Seuil, 1964).

Note de bas de page 9 :

 U. Eco, Kant e l’ornitorinco, op. cit. Patrizia Violi, Significato ed esperienza, Milano, Bompiani, 1997.

Note de bas de page 10 :

 Charles Sanders Peirce, “L’interpretante logico finale”, in Semiotica, a cura di M. Bonfantini, L. Grassi, R. Grazia, Torino, Einaudi, 1980 (“A Survey of Pragmaticism” (1907), in Collected Papers, a cura di C. Hartshorne, P. Weiss, A. Burks, 1931-58, Cambridge (Mass.), Belknap Press, vol.V (5.464-96), pp. 317-345).

Note de bas de page 11 :

 A.J. Greimas e J. Fontanille, Semiotica delle passioni, op. cit. A.J. Greimas, Dell’Imperfezione, Palermo, Sellerio, 1988 (De l’Imperfection, Périgueux, Fanlac, 1987). E. Landowski, Passions sans nom, Paris, PUF, 2004 ; id., Rischiare nelle interazioni, Milano, FrancoAngeli, 2010 (Les Interactions risquées, Actes Sémiotiques, 101-103, 2005).

L’ipotesi in semiotica è controversa, poiché contrasta con la sua natura originale come analisi di testi dotati di una precisa conformazione e delimitazione. Implica accettare esplicitamente che il “testo” esaminato sia una scelta costruttiva dell’analista, un ritaglio che fissa la materia del testo rispetto all’ampiezza di elementi presenti in una pratica ovvero una situazione sociale dai contorni indefiniti e rispetto alla caratteristica della loro scansione nel tempo. Questa direzione è già stata presa in diverse analisi di pratiche e processi sociali che si svolgono in tempi successivi, oltre ad essere già stata descritta come necessaria. Già Barthes segnalava nel 1963 la necessità del ritaglio dell’oggetto da parte dell’analista come operazione costitutiva : “Ritagliare il primo oggetto […] significa trovarvi dei frammenti mobili, la cui situazione differenziale genera un certo senso” creando così un “simulacro” funzionale all’analisi8. Nella semiotica interpretativa Eco ha esaminato il processo percettivo attribuendogli scansioni logicamente successive, e lo stesso ha fatto Violi in altro modo9. Anche la teoria dell’interpretante di Peirce sembra implicare questa scansione cognitiva e percettiva, come la distinzione tra Oggetto Dinamico e Oggetto Immediato su cui è fondata tale dinamica10. L’idea stessa di testo come processo in corso, anziché oggetto stabile e definito, è stata al centro della prospettiva dei letterati e linguisti riuniti attorno a Philippe Sollers nel gruppo Tel Quel negli anni ’60-’70, da cui scaturiscono la nozione di “intertestualità” ad opera di Kristeva e di “scrittura” come ricomposizione testuale ininterrotta in Barthes. La semiotica generativa di Greimas e i suoi collaboratori si è spostata verso l’analisi dell’esperienza sensibile in quanto processo di relazione col mondo, non solo con la “teoria delle passioni” ma soprattutto a partire da Dell’Imperfezione, con l’analisi dell’estesia e del sensibile, che approfondisce il principio di identificare diversi regimi di esperienza, di interpretazione e di condotta, cioè di interazione continuativa con la varietà di fatti del mondo11.

Note de bas de page 12 :

 Cfr. Anna Maria Lorusso, Semiotica della cultura, Roma-Bari, Laterza, 2010, pp. 159-161.

Note de bas de page 13 :

 Op. cit., p. 161.

Note de bas de page 14 :

 Cfr. Gianfranco Marrone, L’invenzione del testo, Roma-Bari, Laterza, 2010, pp. 3-80 ; id., Introduzione alla semiotica del testo, Roma-Bari, Laterza, 2011, pp. 8-16. Claudio Paolucci, Strutturalismo e interpretazione, Milano, Bompiani, 2010, pp. 173-251.

Le obiezioni alla possibilità di un’analisi semiotica di pratiche sociali e di processi in corso di svolgimento sono ben conosciute12. Si riconducono infatti alla denuncia di una serie di “mancanze” : mancanza di delimitazioni chiare del materiale che costituisce il testo (quali sono i confini di una pratica, cosa fa parte di una manifestazione di piazza o di uno scambio di sementi e cosa no ?) ; mancanza di un testo stabile definitivo (come “fissare” il testo poiché cambia continuamente ?) ; mancanza di un autore che programma e “sovradetermina il materiale a disposizione dandogli un’organizzazione”13. Questi aspetti implicano la domanda su come delimitare una pratica sociale, per sua natura processuale, e su come documentare una pratica, per sua natura instabile, mutevole, evanescente. L’interrogativo su statuto e natura del testo — come lo si identifichi e lo si definisca, quali ne siano le materie costitutive, quali le proprietà necessarie, quale la natura oggettiva reale o invece istituita operativamente dall’analista — è tornato d’altronde d’attualità nella ricerca semiotica, dopo un lungo periodo in cui esso era dato per inteso14. Ma a tutti questi dubbi si possono opporre due constatazioni.

Dapprima,è possibile ottenere la fissazione di un testo costituito da un processo e delimitarne il materiale componente rifacendosi alla risposta elaborata, fra l’altro, nella semiotica del teatro, che ha affrontato casi assai simili di testualità costituita da uno svolgimento nel tempo variabile ad ogni esecuzione. In secondo luogo, come è già stato proposto nell’analisi di interventi di cooperazione internazionale e come mostreremo più avanti, adottando la prospettiva specifica della semiotica interpretativa, è possibile trattare le pratiche sociali e i processi come enunciati, dal momento che è possibile dotarli di “autore”, “lettore”, “testo oggettivo”, “significato”, “interpretazione” e “risultati” (interpretanti), concetti a valore metodologico che saranno definiti in seguito.

Note de bas de page 15 :

 Tra gli autori che se ne sono occupati, si veda esemplarmente per tutti M. De Marinis, Semiotica del teatro, Milano, Bompiani, 1982.

Note de bas de page 16 :

 Cfr. ad es. U.Volli “Il problema del teatro è l’enunciazione. Intervista a Ugo Volli sulla semiotica teatrale”, Culture Teatrali, “Significazione.01. Una rubrica per ripensare la relazione tra semiotica e teatro oggi. A cura di Luca Di Tommaso”, www.cultureteatrali.org/significazione/1000-significazione01, 2009.

Per la semiotica del teatro il testo scritto (“testo drammatico”) è solo una delle componenti del testo spettacolare autentico, che consiste in ciò che accade ed è presente in scena, dall’intensità delle luci al movimento degli attori, alla disposizione degli spettatori nello spazio scenico15. È ricorrente la domanda su come documentare lo spettacolo, ovvero come fissarlo in quanto oggetto testuale stabile e finito. Non solo lo spettacolo cambia ogni singola volta che viene rappresentato, ma non si sa comunque come fissare ognuna di queste singole e diverse rappresentazioni in modo adeguato, che renda cos’è lo spettacolo, un insieme di elementi che va dalla direzione dello sguardo degli attori alla loro reazione ad un suono, al contatto con il suolo in ogni diverso ambiente in cui è rappresentato. Il sistema di documentazione più usato, la registrazione video, è una copia, pallida, di alcune componenti visive e sonore dello spettacolo, che non rende la realtà della situazione vissuta da attori e spettatori. Anche recentemente questo problema è stato indicato come un ostacolo insormontabile per un’analisi attendibile dello spettacolo teatrale, ma anche della danza, dei concerti, del balletto, dell’opera lirica16.

Note de bas de page 17 :

 R. Pellerey, “Teatro e semiotica : il caso dell’Odin Teatret e la dinamica del senso nello spettacolo”, E/C (www.ec-aiss.it, 16 gennaio 2014) ; id., “Lo spettatore pensa di non capire ma a sua insaputa danza. Teatro, semiotica, pedagogia in Università”, Ateatro, 149, 2014 (www.ateatro.it/webzine/2014/03/17/lo-spettatore-pensa-di-non-capire-ma-a-sua-insaputa-danza/, 17 marzo 2014). In principio, il carattere partecipante della fase di osservazione la rende simile alla fase iniziale dell’approccio “etnosemiotico” sviluppato da Francesco Marciani. Sono invece chiaramente distinte le procedure analitiche successive. Cfr. F. Marsciani, Tracciati di etnosemiotica, FrancoAngeli, Milano. 2007.

Abbiamo risposto a queste riserve con la proposta di un metodo di documentazione dello spettacolo e di fissazione del testo basato sull’osservazione partecipante tratta dal metodo etnografico, scandito in tre momenti : (a) osservazione partecipante al processo di lavoro di preparazione dello spettacolo (osservare in praesentia il lavoro di preparazione) ; (b) visione ripetuta molte volte dello spettacolo in situazioni reali, in luoghi diversi e con pubblici diversi, fissando così le aree dello spettacolo più stabili e quelle più variabili ; (c) stesura di note di osservazione durante e subito dopo lo spettacolo : note e appunti manoscritti che uniscono osservazione diretta e selezione interpretativa, cui unire eventuali altri materiali paratestuali d’appoggio, come riprese audio e video, fotografie, documenti scritti, dichiarazioni e interviste di spettatori, attori, registi, tecnici17.

Questo metodo ci ha permesso di esaminare in modo efficace alcuni spettacoli teatrali in quanto casi esemplari di processi in corso, di testualità instabile e continuamente rinnovata. Ma si è mostrato adeguato anche all’indagine sulle pratiche dei movimenti sociali seguiti nel corso delle ricerche condotte. Il metodo seguito è stato composto dalla sequenza di (a) osservazione partecipante a incontri, seminari, assemblee, discussioni, preparazione di interventi dimostrativi ; (b) visione ripetuta degli incontri, assemblee e seminari a cadenza temporale regolare di organismi e associazioni, e degli interventi irregolari ma ripetuti più volte ; (c) stesura di note di osservazione durante e subito dopo gli appuntamenti.

Per quanto riguarda invece la trattazione come enunciati, anche questo principio si è mostrato efficace per l’analisi degli interventi sul campo della cooperazione internazionale, insieme all’uso di alcune nozioni che si rivelano a sorpresa di utilità inaspettata : struttura, semantica pragmatica, interpretanti. Non resta che vedere in quale modo sono utilizzabili negli interventi della cooperazione internazionale e in quale modo possono servire in altri interventi.

4. Sul campo in Brasile

Note de bas de page 18 :

 Cfr. R. Pellerey, Comunicazione. Storia, usi, interpretazioni, Roma, Carocci, 2011, pp. 110-112 ; id., Semiotica e decrescita, op. cit., pp.  66-123.

Gli interventi sul campo delle Ong e di altri organismi e associazioni possono essere esaminati come enunciati o testi, distinguendo i ruoli previsti in semiotica interpretativa, per individuare le condizioni che rendono l’intervento efficace, cioè dotato di senso18. Autori del testo sono coloro che, in modi diversi, organizzano l’intervento e vi partecipano (Ong, organismi locali, associazioni, movimenti). Enunciato o testo sono le condizioni materiali e oggettive prodotte nell’intervento e organizzate in meccanismi tecnici di sviluppo predisposti sul campo. Lettori sono coloro che usufruiscono dell’intervento, cioè la comunità locale che usa effettivamente i meccanismi predisposti. La interpretazione è l’attivazione delle condizioni tecniche predisposte nel testo ottenendo dall’intervento una serie di conseguenze e risultati immediati che ne costituiscono il significato. Il significato dell’intervento è il risultato ottenuto, il senso assunto dall’intervento nell’incontro tra condizioni materiali predisposte e loro interpretazione da parte della comunità interessata all’intervento. Le conseguenze successive ai primi risultati immediati costituiscono interpretanti a catena fino all’interpretante finale della raggiunta stabilità delle condizioni di vita : di fatto il significato è la trasformazione effettiva delle condizioni di vita ottenuta grazie all’azione svolta. Limitidell’interpretazione sono i vincoli posti all’uso del testo, ovvero a usi dei meccanismi predisposti incoerenti, contradditori o incompatibili con gli obiettivi di fondo dell’intervento.

Il testo risulta dunque da un intreccio di azioni e di volontà anche diverse, che producono però un insieme organico di meccanismi tecnici concreti che sono la letteralità oggettiva del testo : un pozzo per estrarre acqua pura, prodotto da un intervento cooperativo di diverse entità autoriali (una Ong, associazioni, amministrazioni locali…), è un dispositivo per ottenere acqua pura con continuità regolare a beneficio di una comunità, prima di essere inteso come uno strumento di irrigazione per la coltivazione o per facilitare l’igiene, o che protegge una comunità dalla siccità, possibilità che ne costituiscono interpretazioni in direzioni diverse.

Note de bas de page 19 :

 Cfr. ad es. Bohuslav Havrànek e altri, “Thèses”, Travaux du Cercle Linguistique de Prague, I, pp. 5-29, Prague, Jednota Ceskoslovenskych Matematiku a Fysiku, 1929.

Un intervento condotto in Brasile dal 2002 ad oggi ci permette di evidenziare anche l’utilità della nozione di struttura, che consente di esaminare una regione d’intervento come un intreccio organico di diversi ordini di elementi e di relazioni tra di essi, ovvero un aggregato organico di rapporti di interdipendenza tra fattori diversi. Pregio fondamentale di questo approccio è il principio “pragmatico-vettoriale” per cui per ottenere effetti in un ordine si agisce su elementi di un altro ordine che innescano conseguenze a catena sulle relazioni tra elementi. Si può progettare un intervento in un ambito per ottenere risultati in un altro ambito, utilizzando consapevolmente le interdipendenze per indirizzarne gli effetti nella direzione voluta. Questo principio utilizza il nocciolo interno della nozione praghese di struttura, là dove la realtà dei fatti (linguistici per i praghesi) è descritta come un intreccio organizzato di diversi ordini di fatti disposti in relazioni reciproche con connessioni interne vincolanti. Nella “struttura” infatti, una disposizione di sistemi collegati in cui ogni elemento ha una posizione precisa, ogni cambiamento crea cambiamenti a catena, poiché la variazione di una componente di un elemento crea cambiamento della sua identità e cambiamenti a catena nelle unità a esso collegate per ristabilire l’equilibrio relazionale tra piani e elementi : i cambiamenti possono essere spiegati e si può controllare la relazione tra ordini e livelli intrecciati19.

Note de bas de page 20 :

 ASA (Articulação no Semi-Árido Brasileiro),Programa de Formação Social para convivência com o Semi-Árido : Um milhão de Cisternas Rurais, ASA, 2005, p. 11.

Note de bas de page 21 :

 Op. cit., p. 5.

Note de bas de page 22 :

 Ibid., p. 27.

Un caso esemplare di uso consapevole delle relazioni di interdipendenza è l’intervento “Um milhão de Cisternas Rurais” condotto dal 2002 nell’ambito del programma governativo “Sete Zero”. Il programma riguarda i nove stati della Regione Nordest, soggetti a siccità per nove mesi l’anno e a cicli periodici di siccità intensa di circa 11 anni. In questi periodi la necessità quotidiana di procurarsi acqua per il consumo domestico obbliga, soprattutto le donne e i bambini, a lunghi cammini”20. La realizzazione di cisterne da 16.000 litri per la raccolta e la conservazione d’acqua piovana, poi depurata, per bere, cucinare, lavare e irrigare libera donne e bambini dall’incombenza di procurarsi acqua in fonti lontane. L’intervento produce effetti in diversi ordini grazie al valore in essi assunto dagli elementi “liberazione del tempo di donne e bambini”, “disponibilità d’acqua potabile”, “disponibilità d’acqua propria”. I bambini frequentano regolarmente la scuola (Istruzione), cessano i 2/3 abituali di morti infantili per l’uso di acqua infetta o inquinata (Sanità), le donne possono partecipare a incontri e corsi di formazione, alfabetizzazione e altre iniziative sociali (Promozione Sociale), e usufruiscono di programmi di microcredito per avviare cooperative artigiane (Sviluppo sociale), le famiglie si liberano dal ricatto e dall’usura dei venditori d’acqua (Economia e Sviluppo sociale), e durante la siccità possono irrigare terreni propri liberandosi dal controllo dei latifondisti (Produzione agricola e Società civile). Il programma ha dunque l’obiettivo complessivo di “unire gli sforzi per porre fine a secoli di presenza dominante sulle terre da parte dell’oligarchia, che […] impedisce modifiche nello scenario socio-economico della regione”21. Grazie a effetti concatenati che intersecano ordini diversi, il programma mira al risultato di realizzare “la costruzione della cittadinanza” (Diritti civili) : “cittadino è una persona capace di creare e trasformare, con gli altri, l’ordine sociale. Nel programma si trasformano tutti coloro che sono coinvolti in questo sforzo in cittadini capaci di prendere decisioni, di creare soluzioni e trasformare in meglio la realtà”22.

Questo intervento può essere descritto come un enunciato il cui Autore è l’agenzia governativa Asa, il cui Lettore sono le comunità rurali e contadine dei nove Stati del Nordest e parti del Minas Gerais e di Espírito Santo, e il cui testo è la realizzazione di cisterne per la raccolta d’acqua piovana. Il processo di interpretazione è costituito dall’uso, da parte delle comunità rurali, dell’acqua piovana conservata e depurata per diversi fini coerenti con gli obiettivi di fondo del progetto. I primi interpretanti immediati sono il tempo liberato dall’incombenza di procacciarsi l’acqua, la disponibilità di abbondante acqua pura e potabile, la disponibilità di acqua propria, che avviano diverse catene di interpretanti (frequenza a scuola, partecipazione a incontri e corsi, usufruizione di microcredito ; termine delle morti infantili, lavare appropriatamente, cucinare, bere a sufficienza ; liberazione da usura e ricatto, irrigazione terreni propri). Significato dell’intervento è il raggiungimento per le comunità interessate dello statuto di “cittadino” pienamente attivo e consapevole.

Note de bas de page 23 :

 Cfr. R. Pellerey, Semiotica e decrescita, op. cit., pp. 96-100.

Tale descrizione formale trova la sua finalità nell’analisi delle condizioni di efficacia e funzionalità dell’enunciato : la realizzazione delle cisterne è un testo efficace e funzionale ? In questo caso la risposta è positiva, ma l’utilità del modello è favorire l’organizzazione degli interventi in modo efficace e dotato di senso, indirizzando gli effetti o interpretanti che ne derivano. Affinché un intervento sia efficace e dotato di senso, occorre esaminare da una parte le sue “condizioni di enunciazione” in quanto testo23, dall’altra l’intreccio strutturale di ambiti, elementi e fattori in cui opera grazie allo strumento della struttura.

In una situazione percepita come grave dalla comunità locale (la mancanza cronica d’acqua), è stato individuato un ordine generale in cui intervenire, l’Edilizia Civile nel sottordine Architettura Idraulica, ed è stato introdotto al suo interno un singolo elemento concreto (uso di cisterne) in grado di assumere valori diversi in numerosi altri ambiti collegati : istruzione, salute, promozione sociale, economia nel sottordine produzione agricola, sviluppo sociale, diritti politici e civili. L’elemento testuale “uso di cisterne” produce effetti in tutti questi ordini assumendo una gamma di valori distinti (“liberazione del tempo di donne e bambini”, “disponibilità d’acqua potabile e pura”, “disponibilità d’acqua propria”) che generano ognuno una catena propria di conseguenze : da “liberazione del tempo” conseguono “frequenza a scuola”, “partecipazione a corsi di formazione e altre iniziative sociali”, “usufruizione di microcredito”, “formazione di cooperative” ; da “disponibilità d’acqua potabile e pura” conseguono “cessazione di morti infantili”, “usi igienici domestici : lavare”, “usi alimentari domestici : cucinare”, “usi vitali : bere” ; da “disponibilità d’acqua propria” conseguono “liberazione da usura e ricatto dei venditori d’acqua”, “irrigazione e coltivazione terreni propri”.

Gli effetti si combinano in catene che producono risultati conseguenti l’uno all’altro, come la sicurezza alimentare, l’autonomia economica delle famiglie, il miglioramento di istruzione e formazione, la nascita di iniziative sociali, l’istituzione di servizi comuni, la dignità delle abitazioni, la nascita di orgoglio civile, la libertà di scegliere il proprio impiego del tempo. Si giunge quindi al risultato complessivo finale, dell’ordine dei diritti civili e politici, “eliminazione del potere dell’oligarchia” da cui “acquisizione della piena cittadinanza”. Isotopia sottostante all’enunciato è l’acquisizione dello statuto pieno di “cittadino” tramite la creazione di differenti forme di indipendenza (alimentare, economica e sociale) ottenibili attraverso lo strumento dell’autonomia idrica.

Tra le diverse relazioni di struttura che intercorrono tra i diversi sistemi e all’interno dei singoli sistemi di elementi sono state utilizzate ad esempio relazioni (a) tra i singoli elementi di un sistema (tra acqua potabile e modi di cucina nell’ordine Alimentazione, tra orari scolastici e servizi di trasporto pubblico nell’ordine Società) ; (b) tra singoli elementi di ordini diversi (tra orari scolastici, elementi dell’ordine Istruzione, e ruolo dei bambini in famiglia, elemento dell’ordine Cultura, o tra acqua disponibile, elemento dell’Architettura Idraulica, e la frequenza a scuola, elemento dell’ordine Società e Istruzione) ; (c) tra ordini diversi (tra Architettura Idraulica e Produzione Agricola, o Istruzione).

Il programma “Sete Zero” ha usato consapevolmente l’intreccio di relazioni tra fattori dello stesso ordine, tra singoli fattori posti in ambiti diversi (come disponibilità d’acqua e frequenza scolastica), e tra ordini di fattori diversi (architettura Idraulica e Salute, Economia e Diritti Politici…). Tramite il principio pragmatico-vettoriale ha agito nell’Edilizia Civile per ottenere effetti in altri ambiti (sanitari, sociali, istruzione, economia agricola, diritti civili) nonché sulla dimensione politica complessiva dell’area. Un buon uso del criterio analitico della struttura e del principio pragmatico-vettoriale permette così di intervenire nel punto la cui soluzione scatena la maggior quantità di conseguenze positive. Si ha dunque un uso attivo e predittivo dei principi e degli strumenti analitici semiotici anziché solamente descrittivi.

5. Sul campo in Europa

Note de bas de page 24 :

 Nel 2014 le Amap sono in Francia diverse migliaia, coordinate per regioni e dipartimenti. In Italia la Csa è praticata da gruppi di consumatori in grandi città su accordo con produttori contadini rurali. Nata in Giappone nel 1965, la formula della Csa si è subito diffusa in Usa, nel Regno Unito, in Québec (Asc, Agriculture soutenue par la communauté), in Germania (Landwirtschaftsgemeinschaftshof), in Portogallo (Reciproco), ed è oggi in crescita costante sul territorio europeo.

Le Amap francesi (Association Maintien Agriculture Paysanne) sono l’esempio più noto in Europa di Csa (Community Supported Agriculture), Agricoltura Sostenuta dalla Comunità24. Si tratta di un accordo mutuo tra un produttore contadino e una comunità di sostenitori che partecipano alle sue spese di gestione annue, oppure pre-acquistano prima della semina un data quantità di beni prodotti, che saranno consegnati settimanalmente al momento del raccolto. Insieme stabiliscono quantità e varietà di beni coltivati o d’allevamento da produrre (frutta, ortaggi, legumi, verdure, carne, formaggi, uova…) e date e modalità di consegna o di raccolta direttamente in fattoria. Scopo è mantenere un’agricoltura locale sana ed equa, facilitando il produttore che lavora avendo già venduto il proprio raccolto, senza sottostare alle incertezze del mercato e al rischio di quintali di invenduto, e non è costretto a rincorrere le mode di consumo o ad aumentare a dismisura la produzione con quantità enormi dello stesso bene, che lo costringerebbe ai metodi della produzione intensiva con fertilizzanti di sintesi. Dall’altra, gli acquirenti si assicurano una fornitura costante annuale di beni di qualità a un prezzo concordato. Per fissare un prezzo equo il coltivatore calcola le spese totali di un anno e dividendole per il numero degli associati della Amap fissa il costo di una quota o “paniere”, definita come il fabbisogno settimanale di verdura di quattro persone. L’assenza di intermediatori e di imballaggi contribuisce ad abbassare il prezzo e a ridurre l’inquinamento ambientale. Secondo i sondaggi tra i propri associati, le Amap danno certezza finanziaria al produttore, certezza di salute agli acquirenti, stabilità di relazione e soddisfazione ad entrambi facendoli sentire parte di un gruppo che dialoga e che conduce un’azione sociale. È cioè un’economia di reciprocità in cui la socialità prodotta e creata è obiettivo essa stessa dello scambio economico, al posto del solo guadagno in termini finanziari.

Stabilire un accordo di Csa costituisce un intervento che può essere descritto come un enunciato (ancora una volta, nei termini della semiotica interpretativa) del testo complessivo della Sovranità Alimentare. Se Autore Empirico dell’intervento è l’entità che si incarica di progettare un accordo di questo tipo, ad es. i piccoli produttori agricoli indipendenti o un gruppo di acquirenti organizzati, Autore Modello è l’unità operativa che organizza un progetto dotato di senso e di valore nella realtà locale effettiva, cioè l’insieme di attori che si uniscono per stabilire l’accordo adeguandolo alle particolarità locali : l’unità operativa composta dai produttori e dagli utenti che agendo insieme diventano un unico organismo di “co-produttori” distribuendosi ruoli e compiti. Autore Modello è di fatto l’insieme dei produttori e degli utenti che, tra tutti quelli presenti sul territorio, hanno effettivamente stabilito un accordo di Csa riconoscendone pregi e vantaggi. Così Lettore Empirico sono tutti gli organismi potenzialmente interessati all’intervento, ma Lettore Modello sono coloro che partecipano attivamente all’accordo e ne godono i benefici. Tali benefici (stabilità economica e certezza di vendita per l’uno, qualità dei beni e prezzo controllato per gli altri) sono il significato primo dell’enunciato, l’interpretante diretto dell’intervento. Il testo o enunciato dell’accordo sono le condizioni materiali e i meccanismi tecnici predisposti sul campo, in questo caso una serie di azioni fisiche e di interazioni organizzate e concordate per realizzare lo scambio che è materia diretta del testo. Testo dell’intervento sono allora (a) la dinamica effettiva della produzione di beni agricoli, che comprende ad es. la scelta delle sementi (non Ogm), la modalità con cui le sementi sono procurate (libero scambio o accesso a banche contadine), il lavoro materiale svolto sul campo (tecniche di lavoro e di fertilizzazione naturale), la partecipazione degli utenti alla semina, al raccolto o all’irrigazione, la rotazione delle colture etc. ; (b) l’accordo stesso stabilito verbalmente e le forme e i tempi di pagamento previsti ; (c) la meccanica della raccolta dei beni e del loro trasporto, che può prevedere ad es. la partecipazione dell’utente e l’assenza di imballaggi ; (d) la meccanica della consegna dei beni, o il loro prelievo diretto da parte degli utenti ; (e) il trattamento dei terreni nel periodo invernale.

L’interpretazione del testo è l’esecuzione effettiva da parte dei Lettori Modello di quanto previsto e concordato : il dialogo per stabilire un accordo, recarsi sul terreno di lavoro facendo sentire la propria presenza partecipe, verificare, produrre nel modo convenuto le quantità concordate, trasportare i beni, etc. Se il significato dell’enunciato sono i primi risultati diretti ottenuti dai contraenti, questo primo interpretante sarà seguito dalla catena degli interpretanti concatenati in seguito nella semiosi illimitata : la riduzione dello sfruttamento commerciale dei beni e delle catene commerciali stesse intermedie e conclusive (luoghi di vendita) ; riduzione dell’industria degli imballaggi, riduzione dei trasporti a lunga distanza, nonché dell’industria del trasporto e del consumo di benzina ; eliminazione dell’industria pubblicitaria e promozionale. Interpretante successivo è la fiducia sociale reciproca creata tra produttori e utenti, cioè il valore sociale della “reciprocità”. Interpretante logico ultimo è il miglioramento stabile delle condizioni di benessere grazie all’insieme di riduzione di inquinamento e tossicità, miglioramento della salute, riduzione dell’invadenza pubblicitaria e mediatica, uso del denaro migliore rispetto ai consumi commerciali, e l’aumento della reciprocità sociale, una condizione di vita in cui lo scambio di beni genera anche o soprattutto socialità anziché puro reddito finanziario.

6. La semiotica di fronte a due culture

Note de bas de page 25 :

 Come suggerisce G. Marrone, L’invenzione del testo, op. cit., p. 79.

Occorre infine concludere su diversi ordini di considerazioni e risultati. Prima di tutto, abbiamo visto che diversi insiemi di azioni, comportamenti, processi e pratiche possono essere esaminati cometesti, o meglio in quanto testi essi stessi di diversa materia rispetto ai testi scritti e verbali, in base a un’idea di testo che descriviamo, senza eccedere in criteri formali25, come oggetto di studio dotato di organizzazione e che produce un senso (unitario e complessivo) indipendentemente dalla sua materia fisica e da proprietà di dispiegamento che possono essere molto diverse (quali ad es. permanenza stabile/ svolgimento in corso, delimitazione oggettiva/ confini instabili etc.). Possiamo utilizzare gli stessi strumenti usati per i testi verbali propriamente detti, anziché elaborare categorie diverse, estendendo così la rispondenza della semiotica, la sua capacità di individuare e descrivere fatti, a ciò che accade nella società contemporanea, e ai dibattiti, interventi e processi sociali che caratterizzano la cultura viva del presente.

Note de bas de page 26 :

 R. Pellerey, Semiotica e decrescita, op. cit., pp. 167-168, 204-207, 258-259, 270-275.

È dunque possibile fissare un processo in corso, e delimitare il materiale di cui si compone, con un metodo in tre momenti : partecipare agli incontri degli organismi che preparano l’enunciato, osservare lo stesso intervento formulato in luoghi e contesti diversi, stesura di note di osservazione, che riportano il clima in cui l’intervento si è svolto e il senso degli enunciati recepito dai loro autori e fruitori. È questo il modo migliore per esaminare interventi in quanto testi (la cui materia sono azioni, comportamenti, prassi e decisioni). In questa analisi chiamiamo vettore pragmatico un’unità testuale di cui non è rilevante il significato immediato trasmesso da emittente a destinatario, o suscitato nell’interprete (ad es. nella co-produzione tranquillità economica per uno, qualità certa dei beni a prezzo controllato per l’altro), ma gli effetti generali, gli interpretanti concatenati della riduzione della commercializzazione dei beni, della creazione di reciprocità, dell’aumento del benessere. Gli interventi che abbiamo osservato operano in direzione della demercificazione prima di tutto perché rinunciano ad alti livelli di profitto monetario e commerciale, che siano in forma di alto prezzo di vendita, di espansione dei mercati di vendita, di trasformazione in unità vendibile di qualsiasi tipo di beni, o di produzione di alte quantità di un’unica merce facilmente trasportabile e vendibile, per favorire invece la reciprocità sociale, una forma di scambio in cui la finalità di relazione sociale tra gli attori del processo economico prevale sulla finalità di guadagno26. Poi vengono eliminate di fatto le catene produttive e commerciali che sfruttano i beni in quanto fonte di profitto finanziario, in direzione dell’obiettivo di decremento produttivo, commerciale e dell’industria pubblicitaria, altro cardine del nuovo paradigma. Infine si instaura una cultura e un’abitudine alla reciprocità, cioè un habitus. È infatti scopo politico complessivo del progetto della demercificazione creare una società in cui la realizzazione dell’individuo non coincide con il massimo reddito possibile, e in cui si può soddisfare la sete di socialità e di reciprocità attraverso l’economia. L’idea stessa che sia stato possibile oggi concepire un modello culturale di questo tipo e inventarne le prassi e le modalità operative chiama a gran voce la necessità che la semiotica torni a guardare i grandi movimenti della realtà, anziché assecondare i modelli correnti culturalmente usurati.

Note de bas de page 27 :

 Ibid., pp. 30-40.

Questo approccio si riaggancia, a ben vedere, alla semiotica e alla analisi testuale degli anni ’70 e ’80. I processi sociali che abbiamo evidenziato sono infatti un altro tipo di “produttività in corso” come quella attribuita ai testi tra anni ’70 e ’80, che conduce alla dissoluzione del concetto di comunicazione come trasmissione oggettiva di messaggi27. Di fronte ai movimenti sociali contemporanei si compie un identico balzo, la transizione dalla sterilità di un modello della trasmissione di messaggi, svuotati di valore e colmi solo della propria invadenza, alla fertilità di processi che gemmano in modi e luoghi inattesi e modificano l’assetto delle relazioni tra uomini e cose.

Rispetto ai suoi momenti iniziali, in cui oltre che strumento di interpretazione dei fatti e dei contesti la semiotica è stata strumento d’intervento critico, la disciplina ha accantonato nel tempo la sua qualità di guida d’azione efficace in ambito sociale, trasferendo tutta la sua operatività sociale sul piano della critica e dello smontaggio delle ideologie correnti. L’ha poi abbandonata per evitare di trovarsi coinvolta nella costruzione di altre, nuove o diverse, ideologie (sociali, politiche, culturali), con il risultato che ha finito per accettare, evitando di demistificarla, l’ideologia mediatica corrente. Abbiamo scoperto invece un vasto movimento fervente e operativo, completamente ignorato dai media, ostinati nell’attenzione esclusiva a quanto accade attorno ai loro stessi, come le tecnologie presentate come “modernità” obbligata. Ci sembra invece evidente che la “modernità” è oggi incarnata dall’estensione di questi movimenti capillari e continuamente germinanti, sostanzialmente omogenei per visioni, principi e obiettivi nella loro distribuzione tra le nazioni europee e non europee. I movimenti per il controllo in proprio delle risorse agricole e del loro approvvigionamento, e per reti di distribuzione non commerciale di beni alimentari sono il corrispettivo nei paesi occidentali dei movimenti contadini di resistenza allo “sviluppo” e di auto-organizzazione agricola comunitaria dei paesi impoveriti. Che sono — sia detto per inciso — la prospettiva d’uscita e di soluzione dal conflitto frontale e radicale che si è creato storicamente tra il modello economico-politico imposto dall’Occidente e i movimenti che vi si oppongono nel mondo radicandosi su estremismi identitari e fondamentalismi ideologici o religiosi.

Note de bas de page 28 :

 R. Barthes, “L’analyse structurale du récit: à propos d’Actes 10-11”, in Exégèse et herméneutique, Paris, Seuil, 1969, p. 297 (tr. it., “L’analisi strutturale del racconto. A proposito di Atti degli Apostoli 10-11”, in L’avventura semiologica, Torino, Einaudi, 1991, p. 145).

È questo lo stato della semiotica, come delle scienze umane. Essa sta iniziando a configurare un nuovo paradigma basato sul rifiuto della mercificazione dei beni, oggi interpretato per eccellenza da un movimento neo-contadino e anti-consumista di cui occorre proseguire l’analisi osservandone però con diffidenza, secondo lo spirito critico proprio alla natura intima della disciplina, anche i salti logici e i sistemi di valori impliciti. Essa potrà allora, riprendendo Barthes28, evidenziare la manipolazione “attuale” con cui “incessantemente la stampa, l’arte, il senso comune rivestono la realtà” storica della mercificazione con le vesti della natura universale dei processi economici, risvegliando ancora una volta la nostra capacità di diffidare della “naturalezza” delle cose umane.

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