La sinestesia, tra contaminazione e fusione
La procedura sinestesica
Della procedura sinestesica molto è stato detto, in ambito semiotico e non : noi stessi ne abbiamo trattato in termini di procedura peculiare di discorsivizzazione, moltiplicazione dei percorsi percettivi e cognitivi cui consegue un abbassamento della soglia di resistenza dei riceventi confrontati a prassi specificamente persuasive come quelle pubblicitarie o delle marche commerciali : comunque vada « enfatizzazione delle contaminazioni e corrispondenze sul piano del sensibile ». (Ceriani, G.1994)
Ora, la procedura sinestesica è definibile come transfert di significato tra due o più sistemi sensoriali, dove forme espressive appartenenti a un ordine di senso rinviano ad impressioni percettive pertinenti ad un altro ordine di senso. Non solo : la sinestesia rappresenta una forma segnica speciale, motivata da una fisicità percettiva che sovradetermina le libere scelte del piano dell’espressione. Sorta di semiotica incorporata che gestisce il passaggio dal sincretico alla sua pecezione ; dove, nel sincretico, a un piano del contenuto omogeneo corrisponde un piano dell’espressione eterogeneo, al contrario nel sinestesico è il piano dell’espressione, ad essere trattato come omogeneo, e rinvia a un piano del contenuto a sua volta eterogeneo. Come scriveva Jean-Marie Floch (1979), esiste : « la possibilité de construire une sémiotique poétique synesthésique en montrant qu’une même organisation aspectuelle des manifestations sensorielles –co-occurrentielles du discours […]– permet l’homologation de figures situées « derrière » le visuel, le sonore et l’olfactif ».
Il punto, è che la relazione sinestesica ci sembra totalmente svincolata dal livello di connotazione al quale è correntemente attribuita, per rappresentare invece un percorso di lettura simultaneo e parallelo rispetto a quanto denotato. La sinestesia è (probabilmente) la regola, come sottolineava Merleau Ponty (1945) : solo che abbiamo disappreso ad attivare i cinque sensi, e preferiamo appiattire il nostro fare percettivo alla sola dimensione del canale che ci consegna quanto comunicato.
L’oggetto relazionale
Ci piacerebbe oggi tornare a riflettere sulla sinestesia all’interno delle procedure contemporanee della comunicazione di marca, ma partendo non dalla pubblicità, bensì da forme oggettuali : sapendo che gli oggetti di cui andiamo a parlare sono oggetti nel senso proprio di cose, artefatti materiali con una loro intrinseca consistenza e più o meno assestata referenzialità, tanto quanto oggetti nel senso figurato di tensioni, agglomerati di senso che identificano in un’opzione di gusto la loro natura e i loro contorni.
Ci spieghiamo. Partendo dal presupposto ben noto che l’oggetto sia una grandezza significante non definibile se non in funzione della sua relazione con il soggetto : « il n’est connaissable que par ses déterminations qui sont, elles aussi, de nature relationnelle ». (Greimas-Courtés, 1979:259) la sua conoscibilità/ costruzione dipende dalle relazioni che instaura, come sottolineano ancora i due autori sopra citati, tra sé ed altri oggetti, tra sé e sé nelle componenti che lo costituiscono, tra le sue singole componenti e l’insieme di relazioni precedentemente costituite.
In questo modo gli oggetti, che siano oggetti di fare (attivi) o oggetti di stato (descrittivi) sono scatole vuote in attesa dell’investimento (congiuntivo/ disgiuntivo) del soggetto che ad essi si relaziona definendosi a sua volta. Diventano allora oggetti di valore.
Gli oggetti così definiti possono dunque rappresentare delle forme progettuali piuttosto che delle forme del mondo : in entrambi i casi quel che pare fondamentale è che prima ancora del rapporto soggetto-oggetto a dar loro consistenza e salienza sia l’intrinseco rapporto inter-oggettuale.
Per quanto riguarda l’ambito di interesse specifico al quale intendiamo applicare questa riflessione, ci interessa allora partire dal presupposto dell’equivalenza tra le concretizzazioni oggettuali rispetto alle quali si effettuano le operazioni di contaminazione e fusione che caratterizzano la congiuntura contemporanea, e d’altro lato le forme esperienziali e di stile che rappresentano, simmetricamente, delle concretizzazioni che non sapermmo chiamare se non soggettuali. « Cose » pensate per piacere e piacere delle « cose », a confronto e senza gerarchie, dove la procedura sinestesica interviene come modo di una presenza al mondo ancorata nelle necessità della materia.
La tensione e la tendenza
Le tendenze, forme attraverso le quali si esprime l’indicazione di un momento temporale dato sulla contemporaneità degli oggetti in esso presenti, costituiscono le espressioni tensive del rapporto interoggettuale Rappresentano, cioè, la focalizzazione di un’opzione privilegiata tra le tante possibili, sottratta all’equivalenza con quanto la circonda e fatta oggetto di investimento assiologico.
Una tendenza è la selezione di una forma di vita privilegiata e proposta come consensuale, che si riconosce :
(i) à la présence d’une sélection saillante, repérable notamment comme une rupture par rapport à la norme ou à l’usage le plus fréquent […] (ii) à un ensemble de « commutations en chaîne » de ce que nous avons appelé les usages ou les dérivés, commutations qui assurent la répercussion et la conservation de cette sélection dans toutes les configurations hétérogènes traversées. (Fontanille, J., Zilberberg, C., 1998 : 158)
Essa può definire al tempo stesso posizioni fattive (quelle dei soggetti impegnati nell’investimento e nel dominio della situazione) e posizioni passive (quelle dei soggetti che si ritirano rispetto all’impostazione della nuova norma e delle sue proprie delimitazioni). Per quanto poi riguarda la sua qualificazione, nella specie, noi siamo abituati a ragionare per tre distinti livelli : dalla tendenza conclamata, che coincide con la sensibilità in essere della congiuntura stessa, alla tendenza avanzata, che nega i codici del presente e rappresenta lo sforzo tensivo di una nicchia per srotolare l’evoluzione sotto nuovo segno; passando per la tendenza intermedia, che rappresenta il non facile patteggiamento tra quanto, del presente, si va a rinnovare in una luce nuova, e quanto, dell’innovazione più avanzata, si va traducendo in forme discorsive, e propositive, più vulgate e dunque facilmente consensuali.
Fermiamoci per il momento alla tendenza conclamata, quella più semplice e affermata. Sono attualmente presenti al suo interno due indicazioni chiare e ormai parecchio frequentate, che rappresentano a loro volta significative pratiche interoggettive e contemporaneamente due peculiari tipologie sinestesiche : una in direzione della contaminazione, come avevamo premesso, e una che si rapporta alla fusione.
Due modi di rappresentare il contemporaneo, che andiamo ora a definire e a cercare di distinguere ; che ritroviamo specialmente diffusi in due ambiti merceologici peculiari, quello alimentare e quello vestimentario ed ultimamente anche in quello della casa. Quasi che proprio nelle pratiche più prossime all’individuo (mangiare, vestirsi, abitare) andasse ad annidarsi un meccanismo di significazione tanto intrigante e complesso, quanto certamente minaccioso per quel che riguarda la delimitazione di contorni del mondo che si vogliano in qualche modo sicuri.
Contaminazione e fusione : l’interoggettività alla prova
La contaminazione è ormai più che una tendenza : nell’abbigliamento la si può considerare uno stile, assestato e riconosciuto come una forma particolare di composizione dell’apparenza e non più semplicemente come una qulunque espressione di libertà e insofferenza alle mode. Perché la contaminazione è una moda. Fatta di assemblaggi di etno e tecno, di pizzi e plastica e graffiti, di paillettes e blue-jeans e piume, senza una logica apparente se non quella dell’indifferenza al contrasto.
Meno presente nelle pratiche alimentari, dove, ad esempio, la copresenza di dolce e salato piuttosto che di rustico e elaborato (o altro ancora nella stessa direzione) non ha mai sortito consensi poderosi : qui sostituita piuttosto da un gioco diverso ed estremamente attuale, quello della fusione. Spaghetti allo zenzero e zucchine col ripieno di alghe, arrosto di banane e sorbetto di salmone, sushi di fegato e cuscus di frutta : come dire l’invenzione di un alfabeto del tutto nuovo in ambito culinario, la riqualificazione costante del sapore, la ricerca irrinunciabile dello stupore.
Ora, se andiamo a guardare più da vicino queste che non possiamo se non riconoscere come occorrenze interoggettive (come messa in relazione di oggetti appartenenti a paradigmi estranei nel primo caso ; come qualificazione di una composizione inedita a partire dall’incrocio di oggetti nel secondo), vediamo subito che si tratta di due fenomeni ben distinti e solo in apparenza sovrapponibili.
Il punto di partenza dizionariale (cf. Dizionario Encicopedico Treccani) apre in effetti piste discrete, dove la contaminazione è definita come :
-
effetto del contaminarsi o della fusione di elementi di diversa provenienza (in ambito letterario) ;
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l’incrocio di due forme o di due costrutti in modo che ne segua una terza forma o un terzo costrutto (in ambito grammaticale) ;
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senza naturalmente trascurare il percorso del contagio e dell’accezione medical/infettiva.
D’altro canto, per la fusione si parla di :
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passaggio di un corpo dallo stato solido allo stato liquido (anche l’operazione attraverso cui si attua tale passaggio)
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riunire/riunirsi di più elementi in un tutto unico ;
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fusione cellulare, che riunisce varie cellule ;
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inverso della coniazione, passaggio dalla moneta formata alla lega fusa che la compone ;
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punto di fusione, che varia con la pressione/la temperatura.
E’ chiaro, anche a prima vista, come i due modi di esistenza rappresentino contemporaenamente due modi opposti di rapportarsi sull’asse semantico molteplicità/unicità: privilegiata dal primo modo, che mantiene la distinguibilità dei contorni d’oggetto e dunque il loro implicito citazionismo, la molteplicità è al contrario negletta dal secondo, che investe invece il polo dell’unicità, optando per la nominazione di un nuovo formante a partire dalla narcotizzazione di quelli che l’hanno costituito. Dato questo sicuro punto di partenza, possiamo proseguire nella nostra indagine.
La contaminazione : modo della compatibilità
Che sia dal punto di vista dell’emittente o del ricevente, costruire o interpretare una forma di vita è mirare, per l’emittente, o cogliere, per il ricevente, l’estetica, vale a dire il piano dell’espressione adeguato di un sistema di valori, reso sensibile grazie alla concatenazione coerente delle schematizzazioni attraverso un’enunciazione. (Fontanille, J., Zilberberg, C. op. cit. : 155-156, t. d. a.).
In questo senso, possiamo dire che l’estetica caratteristica della forma di vita contaminatoria non prescinde da un trattamento della materia che procede per sommazione, per addizione che limita (o esclude) la scelta ma, quasi paradossalmente, mantiene la singola distintività delle parti. I paradigmi di provenienza, nonché i singoli atti enunciativi che li hanno costituiti, restano tutti immediatamente distinguibili : ma, come in ogni procedura di bricolage, è il loro assemblaggio a costituire senso e ad inserirli nella contemporaneità.
La coerenza che dà senso a posteriori non è debitrice in questo caso della congruenza. Piuttosto, è la congruenza stessa ad essere privilegiata : dove, i diversi tasselli che costituiscono questa peculiare proposta di « forma di vita » rendono conto del loro aver trovato un punto di equilibrio che riconduce immediatamente a un principium individuationis del singolo soggetto alle origini dell’assemblaggio.
Si tratta, in ogni caso, di un processo attivo di costruzione, dove la rinuncia alla gerarchizzazione degli oggetti, la loro concatenzaione sempre in presenza e senza esclusioni (tranne quella della capacità di accumulo del soggetto) favorisce l’apparizione di un attante collettivo individuale restio alla norma e soddisfacente il puro criterio di ricerca delle singole parti e dominio del loro campo di presenza. Ad essere costruite, sono configurazioni in ogni caso complesse, che ne assumono due o più a loro dipendenza e consustanziazione.
Quel che conta, è il tipo di sguardo costruito in funzione dell’attante osservatore eventuale che decide della qualificazione estetica/estesica della composizione definita : sarà, inevitabilmente, uno sguardo discontinuo, frammentato nella diversa salienza delle singole parti che compongono l’insieme e che, per la loro immediata riconoscibilità, non rinunciano ad una interna prosodia. Procedendo per salti e per fughe, per rinnovi dell’attesa e rincorse, il percorso all’interno di questa configurazione si qualifica per il proprio modo interrotto, per l’essere restio all’asssunzione univoca e alla fondazione di un giudizio di valore non rizomatico. Ma questo appare l’interesse principale del gioco descritto : il rinvio continuo della partita, l’apertura irrinunciabile, la sfida della congruenza a dispetto della coerenza mancata.
Ed è questo un modo peculiare di interpretazione della pratica sinestesica : dove il transfert percettivo viaggia dalla molteplicità sensoriale e peculiarmente sincretica della forma dell’espressione figuralmente articolata, per rinviare a una forma del contenuto al contrario fusionale.
Pensate alla configurazione di uno smoking che porti, invece dello sparato bianco, sovrapelle un marcel a righe bianche e rosse, e alle orecchie pendenti bantù : oltre la citazione, vi sarà un riconoscimento duplice e certo. Quello dell’autonomia di giudizio dell’enunciante, quello della complicità necessaria del’enunciatario ; ma anzitutto, quello di un attante osservatore preoccupato di ricondurre la molteplicità a unità, la salienza percettiva stratificata a una pregnanza unica e univocamente definibile.
La fusione : modo della convergenza
Tanto quanto la contaminazione è tipologia implicitamente disgiuntiva (al di là degli sforzi per ricostituire un’individualità univoca e soggettiva : dalla molteplicità non si esce), così la fusione è tipologia congiuntiva, che vale a nominare una nuova forma del mondo a partire dall’annullamento delle forme oggettuali d’origine. Un nuovo oggetto è generato, senza che gli oggetti precedenti lascino traccia ; un paradigma innovativo si sostituisce ai paradigmi generatori.
E’ evidente che questa forma di vita chiama a sé una forte attività di nominazione, dove dalla condensazione delle figure locali si voglia passare all’espansione di una figura originale (e sostitutiva). In qualche modo la contaminazione è il serbatoio che precede, quasi di necessità, il laboratorio della fusione, contenitore all’interno del quale si concludono racconti individuali e se ne apre uno, uno solo, del tutto inedito.
Contro la polifonia della contaminazione, la fusione sceglie una condensazione elettiva che si risolve in una scelta dominante, con la caratteristica irrinunciabile di essere inedita. E’ totalizzante quanto la precedente era partitiva, sceglie la rottura per ritrovare una forma altra di continuità. E’ qui che la sinestesia gioca la sua partita, quella più letterale, simmetrica e inversa rispetto a quella che interviene nella contaminazione:nella procedura fusionale il piano dell’espressione omogeneo riconduce a un piano del contenuto discontinuo e articolato.
Una forma di vita, lo sappiamo, agisce come un’isotopia che coordina configurazioni e schemi di interazione e determinazione passionale. Nella fusione, è la coerenza del percorso ad essere determinante e a rendere conto dell’identità sviluppata. Certamente, tanto quanto la contaminazione era modalità soggettiva, così la fusione si propone un percorso di oggettivazione, tale da imporre l’assertività necessaria, e assoluta, del nuovo oggetto costruito.
In questo senso, è più vicina alla tendenza di quanto non lo sia il movimento contaminatorio, meno bisognoso di una pratica consensuale, più facilmente affidato alla legittimazione della singola polemicità.
La configurazione proposta è, almeno in apparenza, semplice : dove non ci si inganni, in quanto è comunque risultato di una processualità elaborata. Ma all’interno della quale gioca in modo determinante la giustezza imposta dal corretto punto di fusione, solo arbiter del processo, osservatore interno che ne decide l’esito e l’intrinseca aspettualità.
Di fatto, perché il processo fusionale sia considerato terminato, e se ne chiuda la fuga potenziale, occorre l’attivazione di un sistema di autoregolazione interno che decide dell’equilibrio di risoluzione delle parti. Si sarà a quel punto messa in gioco una morfologia singolare, descrivibile secondo : « (i) il tipo di correlazione, conversa o inversa; (ii) lo statuto dell’attante, che punta o che è puntato, che coglie o che è colto; (iii) la relazione al campo di presenza; (iv) la distribuzione tassonomica delle asserzioni e delle negazioni ». (Fontanille, J. e Zilberberg, C. op.cit.:163, t.d.a.)
Se questo è vero per ogni tipo di forma di vita, tuttavia è chiaro quali siano i parametri, unidefiniti, della fusione: (i) correlazione conversa ; (ii) campo di presenza oggettivato ; (iii) assertività esclusiva, relazione privativa che prevede l’esclusione di tutto quanto non rientri nel campo definito.
Naturalmente, la grande partita dell’innovazione è giocata all’interno del paradigma che riassume la coerenza inaugurata : il quale nega ogni pertinenza precedente e procede per meticolosa negazione delle appartenenze dei singoli elementi oggettuali che concorrono alla definizione della configurazione fusionale.
Gli esempi : Favela e Au
Proponiamo ora due esempi. Si tratta di due oggetti, due poltrone recentemente presentate al Salone del mobile di Milano (aprile 2003) dalla marca Edra : entrambe accomunate da un forte investimento di tendenza, opposte e complementari nel sistema di arredamento di una contemporaneità avanzata.
Si chiamano Favela e Au.
La prima, definita nel catalogo Edra come : “poltroncina realizzata interamente a mano con centinaia di pezzi di legno di recupero inchiodati e incollati tra loro” è disegnata dgli architetti brasiliani Fernando e Humberto Campana :
partendo da materiali di risulta e utilizzando con ingegno le mani, […] si concretizza in pezzi che trascendono la dimensione pauperista per raggiungere un’eleganza simbolica.
Fig. 1. Poltroncina, Fernando e Humberto Campana
La seconda, definita come : « set di due sedute (poltroncina e divanetto) in poliuretano espanso con rivestimento in tessuto elastico e piano d’appoggio in cuoio » è disegnata dagli architetti giapponesi Setsu e Shinobu Ito :
« elementi di seduta, simili alle sagome dello yin e dello yan, che si incontrano (come indica il monosillabo Au, che in giapponese significa incontro) si prestano con le loro fome organiche legate alla simbologia nipponica a varie e libere posture ».
Fig. 2. Set di due sedute, Setsu eShinobu Ito
Favela è un bell’esempio di progetto di contaminazione, Au fusionale. La prima si serve della sinestesia per trascendere una dimensione tattile dirompente e ricostruire un’incidenza visiva significativa ; la seconda la utilizza, all’inverso, per passare dalla scivolosità della sensazione visiva alla trasmissione dell’effetto tattile connesso a morbidezza, singolarità delle prestazioni degli elementi, accoglienza.
Sono simmetriche e inverse, secondo i seguenti tratti differenziali visivi :
Favela |
Au |
Struttura |
|
Moltiplicazione |
Univocità |
Colori |
|
Forme |
|
Ora, l’idea è quella di categorizzare questi due oggetti secondo i loro propri effetti di materia, effetti di reale che definiscono tipologie relazionali proprie : per farlo, è indispensabile spostarsi a livello delle categorie plastiche che gestiscono, figuralmente, la relazione sinestesica sulla base dell’opposizione elementare tra discontinuità e continuità e permettono, sulla base di queste invarianti, la gestione dell’effetto sinestesico apartire dalla fusione (tattile- visivo) o a partire dalla conteminazione (visivo-tattile).
In conclusione
Edra, la marca che propone Favela e Au, si appropria della duplice polarità del processo sinestesico, qualificando la sua proposta come un termine complessivo inclusivo della’ambivalenza percettiva caratteristica della contemporaneità. L’inglobamento del processo sinestesico è in questo senso sinergico al superamento della singola dimensione oggettuale per entrare in una più vasta sfera relazioanle di scambio si esperienze tra il potenziale acquirente e la marca.
Che segua l’una o l’altra modalità, certamente l’espressione contemporanea persegue la possibilità di una figuratività rielaborata e condivisa, tanto da arrivare a ridisegnare, per come può, i contorni del mondo. Per questo, ci sembra, debole è l’applicabilità della consueta logica paradigmatica piuttosto che di quella sintagmatica per spiegare questo tipo di relazioni.
Piuttosto, possiamo dire che l’interoggettività sinestesica che abbiamo cercato di descrivere attraverso due tra i suoi possibili modi espressivi si articola gestendo gli sforzi del soggetto individuale di ritrovare una dimensione collettiva (quella che in altri tempi e altri modi dava origine all’intersoggettività e alle sue qualificazioni) ma all’interno del sistema stesso degli oggetti, seguendo un principio discorsivo diverso da quanti se ne siano finora conosciuti.
Perché ad essere individuata non è semplicemente una nuova forma di coabitazione, o una macroconfigurazione in qualche modo esotica. Sono, invece, le due opposte occorrenze di una stessa struttura plastica e percettiva profondemente necessitata dalle caratteristiche socio-culturali della congiuntura : quella costellazione che, dopo aver permesso la coabitazione di scelte e consumi e opzioni intrinsecamente contraddittorie all’interno di uno stesso soggetto, oggi sceglie il percorso dell’innovazione concettuale articolando, all’interno questa volta di uno stesso oggetto – secondo contaminazione/secondo fusione - le potenzialità ancora inespresse di una nuova generazione di attanti ; certamente sinestesici, probabilmente anarchici, certo liberi dai vincoli doxastici, da tutto quanto possa andare ad essere definito, invece che libera forma, desueto stile di vita.
Paradosso dell’effetto di materia, la sinestesia sconnette l’oggetto dal suo referente, e ne individua uno stato di esistenza secondo e simultaneo, capace di ritornare a un principio di individuazione/identificazione per contaminazione piuttosto che per fusione.